RUGGINI
Figure per la danza

 

Arrivano dalle spiagge sporche del porto di Genova, le lamiere, ruggini colore ocra sgargiante, dalle 15 sfumature. Sono, presumo, pezzi di navi ormai morte, si riconosce a stento la loro antica funzione, un tubo, una curva, un manicotto, una ventola, pareti, cilindri per liquidi, radiatori forse.

Guardo i singoli pezzi disposti con ordine sulle lunghe assi da tempo preparate per catalogare i reperti. Sembra il lavoro di un archeologo fino a qui: ma quello che Panzuto fa, nel momento in cui analizza, tocca, guarda ogni singolo pezzo, è quello di rintracciare con lo sguardo le forme che quei relitti contengono. Credo sia in quel momento che l’artista veda dunque in quel pezzo di tubo con curva, un ginocchio e la gamba e la coscia, in quella lamiera bucherellata un mantello di una figura danzante, inquietante o il busto di una donna, che sembra una “Maya desnuda”.

La vera novità di queste RUGGINI figure per la danza, è proprio il movimento, un dinamismo che ancora non avevamo visto finora. Ogni figura sembra compiere dei passi, a volte pesanti e lenti, ma più spesso sembrano giravolte, salti, grandi aperture del bacino, nuovi equilibri precari ed effimeri propri dei danzatori, quelli che mi colpiscono. C’è anche chi che corre ad ampie falcate, così come sono presenti più figure statiche, anzi sedute. Insomma c’è la quiete e il movimento in tutte le sue fasi.

In un secondo momento poi, vedrà che quel tubo può essere la gamba di quella donna sdraiata ma pudica. E allora quei due relitti, giunti da una vite nuovissima che non vuole mimetizzarsi affatto con il colore delle lamiere, formeranno un corpo nuovo.

In questi pezzi nuovi le viti sono proprio in grande evidenza, quasi a sottolineare come siano proprio loro, lo strumento dell’artista di creare nuove unità, nuove entità da frammenti isolati e smarriti, che solo il caso e il tempo hanno fatto raccogliere insieme.

Un altro elemento nuovo, mi pare l’importanza che hanno le basi di legno per sostenere le figure.

Sono spesso composte di più elementi, che sembrano amplificare in qualche modo la dimensione spaziale della figura, spesso la lunghezza, ma anche l’ampiezza dello spazio nuovo in cui ha ripreso a vivere: insomma sono delle basi che non si accontentano di assolvere alla loro funzione ovvia, ma sono originate anche loro da quello che pulsa nelle figure, ovvero il loro movimento.

Penso che queste RUGGINI siano creature leggere e felici. La materia questa volta ha trovato una vita migliore della precedente, come in una reincarnazione positiva, buona, che la rende migliore. Questi movimenti sono danza, e mi viene in mente Matisse, di una nuova gioia di vivere.

Alessandro Tognon

 


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