ANTONIO PANZUTO
Pitture Sculture Scenografie
10 settembre – 30 ottobre 2018
Galleria Cavour
Padova
in collaborazione con
Assessorato alla Cultura Comune di Padova
con il contributo di
Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo
“…L’artista, colui che nel tempo si è sempre occupato delle cose più profonde della vita, considerato a volte come ispirato dagli Dei stessi, sceglie ora di occuparsi con attenzione della povertà elementare della paglia… del pezzo di cartone, dei detriti, delle scatole da dolci, delle tracce del vento, dello scolo della pioggia, dei piatti rotti… e di centinaia di altre cose…”
Antoni Tàpies
Figura atipica nel panorama artistico italiano, Antonio Panzuto è stato definito “un demiurgo gentile, un artista della scena che sfugge alle etichette con sorridente discrezione”.
In questa esposizione trovano spazio opere di pittura e scultura, disegni, bozzetti preparatori e scenografie, in parte legate all’esperienza di Panzuto come autore-scenografo per il teatro, in parte nate come opere artisticamente autonome.
Panzuto ha confrontato il tema artistico con i ritmi del teatro e della scansione scenografica, intrecciandolo con quello del forte valore simbolico dato agli oggetti di scena, con cui crea i suoi lavori teatrali.
In scena egli è una sorta di deus ex machina, che anima con gesti molto semplici macchine cinetiche di grandi e piccole dimensioni e materiali invece più complessi, assemblati assieme nei modi più disparati e differenti. Macchine con esperienze umane, guidate da fili o motorizzate elettricamente, macchine che esperimentano le tavole del palcoscenico, macchine che ci guardano e ci raccontano.
In mostra saranno visibili questi combine paintings, creati con oggetti di scarto, ingranaggi, motori, legni, accostati tra loro apparentemente a caso, figure costruite con uno sguardo archetipo e primitivo, ritratti cinetici dalle sfumature dada, scatole cinetiche luminose, animali meccanici e macchine da guerra, progetti per opere surreali, modelli per opere di scenografia, foto, disegni, giocattoli… tutti costruiti con elementi semplici, grezzi, solitamente scartati dalla nomenclatura del bello e ispirati alle raw creations.
…” La poetica delle sculture e degli oggetti di Antonio Panzuto è stata ispirata per un lungo periodo dai movimenti d’arte cinetica e dadaista, in particolare dal lavoro di Alexander Calder e Jean Tinguely, artisti che hanno dato alcune radicali risposte ad uno dei più inquietanti interrogativi posti dall’arte del nostro tempo: il movimento.
Le sue macchine teatrali sono abitate da oggetti e figure azionate a vista tramite grovigli di fili: mescolando legni e metalli, corde e tessuti, si producono visioni secondo i segreti dettami di una drammaturgia pittorica che procede per affinità e corrispondenze più che per nessi logici o narrativi.
Echi delle avanguardie storiche – dal Dada al Surrealismo – e suggestioni più recenti – dall’arte cinetica a quella povera, dal Macchinismo di Bruno Munari al combine painting di Robert Rauschenberg – compongono un linguaggio a un tempo aereo e materico, che affonda le radici nell’immaginario infantile per poi strutturarsi secondo una tensione etica nutrita di slanci epici.
Antesignano di pratiche fuori formato, etichettate in maniera riduttiva come “di figura” o “per ragazzi”, Panzuto crea dispositivi scenici – imperi ora sconfinati ora miniaturizzati nel succedersi di continui fuoriscala – in cui le metamorfosi dello spazio sono scandite da moduli temporali orchestrati con la complicità di Alessandro Tognon, regista ma anche compilatore di tracce musicali improntate a un suggestivo sincretismo sonoro”.
Questa stessa poetica la ritroviamo nelle sue pitture, nei suoi paesaggi astratti, assemblati e combinati con tavole, oggetti, manifesti strappati, dipinti a pennellate larghe ed incostanti. “
Andrea Nanni (da Antonio Panzuto – artista in scena – Titivillus Edizioni 2003)
In esposizione, molti bozzetti per le scenografie con a fianco il relativo modellino teatrale, che Panzuto costruisce con un sistema di rimando fotografico assai sofisticato e con molta cura nei dettagli e nei particolari. A fianco, immagini e video degli spettacoli a cui si riferiscono e che raccontano del rapporto scenografo-regista.
Nello spazio Cavour sono esposte opere legate fondamentalmente al Teatro.
Una sezione è dedicata al lavoro “Notizie Straordinarie da un altro Pianeta“, un’azione teatrale creata con la regia di Alessandro Tognon, ospitato nel 2001 al Centro Culturale di Bèlem di Lisbona e vincitrice del primo premio al Festival di teatro di Figura di Belgrado nel 2003. Di questa installazione si vedranno esposte, manovrate e trascinate orizzontalmente con dei fili lunghissimi, macchine da guerra-giocattolo, come surreali marionette ricavate da assemblaggi di motori, meccanismi, ingranaggi, ruote dentate, serbatoi di antiche motociclette, fanali d’auto, antenne, che le fanno assomigliare a strani animali o insetti, dall’aspetto incalzante ed aggressivo, usati con leggero spirito poetico.
Un’altra sezione della mostra è dedicata alle video-installazioni legate alla scenografia, con l’esposizione dei disegni preparatori per le scene di alcuni spettacoli teatrali tra cui:
–“Tutto su mia madre” di Pedro Almodovar per la regia teatrale di Leo Muscato – Produzione TeatroDue di Parma – Teatro Stabile del Veneto 2010
– “Sentieri sotto la neve “ di Mario Rigoni Stern, con la partecipazione di Roberto Citran – Produzione La Piccionaia – I Carrara 2011
– “Don Chisciotte” di Giovanni Battista Martini – Produzione Amici della Musica – Venezia 2007
– “Moby Dick” di Melville – prodotto dal Teatro Stabile delle Marche nel 2000 in collaborazione con il Teatro Stabile del Veneto
Un intenso lavoro di disegni in bianco e nero che ripercorre le ansiose e struggenti visioni del capitano Achab, nella sua ossessiva lotta con la balena bianca.
– “HAIKU”, danza con figura in un campo – Un lavoro autoprodotto, per la regia di Alessandro Tognon, dove il video si fonde all’azione teatrale, mescolando disegni, segni e colori al groviglio di fili che muovono una marionetta-automa.
I video che spesso Panzuto inserisce nelle scenografie, sono costruiti attraverso un lungo e paziente lavoro di riprese di paesaggi naturali visti con un occhio romantico-espressionista e in seguito combinati con paesaggi dipinti e costruiti in studio. Ne nascono paesaggi che hanno un loro deciso e segnato movimento, lento e surreale, poetico e delicato.
ESERCIZI DI SINCERTA’
di Ferdinando Marchiori
Testo completo
Se il movimento generativo di ogni creazione di Antonio Panzuto è di natura drammaturgica – una drammaturgia delle forme che si dispone a cogliere con serendipità le misteriose logiche combinatorie della materia –, il luogo da cui tale moto origina e sempre ritorna è interiore più che fisico, esistenziale prima che materiale. C’è più profondo e inquieto nell’uomo che ardisce alla creazione un risvolto ombroso, una zona di assenza in cui – lo ha scritto con folgorante precisione Emile Cioran – «egli si compiace in un’insoddisfazione che sfiora la vertigine». Ma proprio assumendo questo stato di non integrazione, di iato tra sé e sé, tra sé e mondo, Panzuto prova a trattenersi dalla volontà di affermazione nell’opera, si ritrae per quanto possibile dalla tentazione di esistere in quanto soggetto creatore. È anzitutto un esercizio di sincerità, votato al fallimento e perciò autenticamente marginale. E tuttavia capace di incrinare quell’ossessione di sé che – è ancora Cioran a girare il coltello nella piaga – mantiene l’essere umano «in uno stato di insincerità non soltanto verso gli esseri, e questo è legittimo, ma anche e soprattutto verso le cose, e questo lo è di meno».
Prendiamo lo spettacolo più recente: Chi sei tu? Un Gesù bambino nero, scheletrico, fatto di legni, ferri, stracci prende vita in una striscia di deserto, sul confine di juta tra la materialità del teatro e la sua forza immaginifica. Un uomo – che sarebbe brutale definire il manovratore, perché proprio solo un uomo vuol essere, cerca di essere – lo aiuta ad alzarsi, lo sorregge con riguardo, senza preoccuparsi di rivelare, insieme alla propria presenza, i meccanismi della scena. È la scelta sempre coraggiosa di Panzuto, la sua cifra artistica affinata in spettacoli di rapinosa magia, come Le mille e una notte, Haiku o Metamorfosi.
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