Le mille e una notte 6

LE MILLE E UNA NOTTE

Breve viaggio sul fiume delle storie

luogo oggetti azioni  Antonio Panzuto
voce recitante  Mariagrazia Mandruzzato
luci  Paolo Pollo Rodighiero
suoni e regia  Alessandro Tognon

Scheda artistica
Scheda tecnica     Pianta allestimento

 

Le storie hanno due grandi poteri: possono cambiare gli uomini e possono vivere per sempre

Le  MILLE E UNA NOTTE  sono un grande fiume di storie, scorrono una dopo l’altra e spesso una dentro l’altra, in un flusso calmo e continuo. Il fantastico nasce dal quotidiano, il prodigio e la normalità si intrecciano sino a disciogliersi l’uno nell’altra e la magia della trasformazione diventa il segreto motore e l’invisibile essenza delle cose.
La scena è una grande duna del deserto, che può diventare il mare o la città araba che il Califfo Harùn Ar Rashìd, di notte in incognito, vuole percorrere e scoprire.
Con semplici elementi scenici, legni, foglie, piccoli bambù, corde, lampade, figure di ferro o gesso dipinto,  si ricreano e si  suggeriscono ambienti, notti, giorni, stagioni, climi, contesti, nei quali le storie si sviluppano.
Lungo i lati maggiori della scena siedono su tappeti  i bambini.
Due piccoli teatrini chiudono la scena.
In uno, Sharazad, una marionetta originale indiana, inizia e conclude le storie, che nel loro cuore vengono sviluppate sulla scena, attraverso le azioni, suggestionate e arricchite  da suoni che si ispirano alle tradizioni arabe e orientali.
L’altro teatrino diventa, di volta in volta, il palazzo del sultano, un’arena di combattimenti e duelli, una prigione, una caverna.   

Le storie sono piccole allusioni e  tutto è concentrato sui personaggi e sui loro movimenti: Sharasàd stessa, Sharyàr, Dunyzàd, Aladino, il Mago, Farizàd, il Genio, Sìnbad, il visir Giafàr, l’uccello di fuoco, il cavallo volante  veicolano le emozioni delle donne e degli uomini, degli animali.
La finzione teatrale è palese, e tutti movimenti e i cambiamenti sono a vista perché è la figura umana che genera e determina l’azione.
Antonio Panzuto come negli altri suoi lavori, si muove dunque attorno alla scena, concentrato nel dare movimento e parola agli oggetti creati e trasformati in marionette o  figure preziose fino a un momento prima solo decorative, per dare loro la funzione importante di raccontare amore, tradimento, libertà e schiavitù, intelligenza e ottusità, magia e divinazione, morte e bellezza, guerra e viaggio, incarnati in tipi umani, principesse e ladroni, bambini e vecchi ambulanti, soldati e marinai  ma anche in uccelli che parlano, alberi che cantano, cavalli volanti, geni terribili.

Si sviluppa un percorso narrativo che ci trasporta nel fiume delle storie non più con   parole ma con  immagini e suggestioni, in una sfida alla stessa parola narrata.
Le sequenze drammaturgiche sono semplici e intuitive, nate più da un ordine costruttivo e creativo che non da sequenze scritte, dall’uso degli oggetti e dalla loro trasfigurazione artistica più che da un ordine linguistico letterario. Si assiste ad uno spettacolo che è una   visione “fantastica” legata allo stupore della trasformazione; una visione determinata dalle relazioni tra gli oggetti stessi e la loro capacità di raccontare.

Inseguiamo l’utopia di un’opera  che vuole dar un senso nuovo alle cose che  l’hanno perduto, reinventandone la funzione in un campo di intensità poetica.


FOTO DI SCENA