L’aldilà forse è un uliveto, dove il vento arriva puntuale nel pomeriggio.
Un villaggio sospeso sulle cime di alberi senza rami e senza foglie.
Non sono tombe né nidi ma rifugi instabili di persone che sono passate e che desiderano ancora confidarsi con i vivi, lanciare in mare un messaggio in bottiglia, tentare di afferrare qualcosa che non si fa prendere.
In quell’Eden così sobrio e calmo, qualcuno è convinto di sentire parlare i morti.
Ascoltiamo voci sospirate, dolorose, gentili, dignitose, rassegnate o sconfitte che assomigliano a gesti quotidiani.
Brevi pensieri, monologhi di individui che vogliono incontrare ancora. Confidenze intime come quelle che si affiderebbero a un diario, o a una stanza d’analisi, che incastrano bisogni, chiedono riparazione, ci confortano e ci rassicurano, pur sapendo di non avere risposte, quasi una trama sonora per lenire le separazioni.
Un esercizio del bussare, del cercare.
Gli spettatori possono sedersi e ascoltare sotto ogni albero, memorie e intimità che ogni voce ci confessa su quello che ha compreso o finalmente capito, con la modestia e il distacco sofferto di chi ora è dall’altra parte e ritorna sugli eventi accaduti.
Il pubblico può seguire i passaggi tra una vita e l’altra creando un proprio percorso in una dimensione immateriale e in un illusorio e impensabile viaggio nell’aldilà.
“Con il tempo le cose scompaiono. Si chiama dimenticare.”
Un progetto di Antonio Panzuto e Alessandro Tognon
Figure e sculture
Testi
Post-produzione audio
Collaborazione musicale
Collaboration scenica
Presentazione
Organizzazione
Supporto organizzativo
Consulenza tecnica
Collaborazione voci
Colalborazione all’allestimento
Strutture di metallo
Antonio Panzuto
Antonio Panzuto e Alessandro Tognon
Franz Fabiano
Stefano Merighi
Sofia Rampon
Nicola Galvan
Alessandra Lazzaro
Pierino Lia
Stefano Bassan
Francesco Botte e Domenico Mauro
Claudio Gamba e Guido Solerti
Massimo Simonato