2016 Il filo dell'Acqua 1 Poema dell'acqua 8

IL FILO DELL’ACQUA

di Francesco Niccolini
regia di Roberto Aldorasi e Francesco Niccolini
con Dimitri Frosali, Massimo Salvianti, Lucia Socci
scene e video Antonio Panzuto
musiche originali Paolo Coletta
luci Marco Messeri
costumi Lucia Socci
una produzione Arca Azzurra Teatro

Prima Nazionale – Pisa Teatro Verdi, 5 e 6 Novembre 2016

 

Sono passati cinquant’anni dall’alluvione del 4 novembre 1966, ma siamo ancora qui, a piangere l’acqua assassina che invade le città e distrugge ogni bene e la speranza.
Genova, Carrara, Pisa, Milano, Parma, Vicenza, Padova. Tutti sott’acqua.
Come Firenze, cinquant’anni fa, quando l’Arno fu protagonista di un’autentica guerra, che non abbiamo più smesso di combattere. Raccontare oggi quella storia, storia d’acqua e resurrezione, non è una banale cerimonia del ricordo, ma un rito collettivo e fondamentale,
per chi – non dimenticando – vuole cercare i veri problemi e prevenire altra distruzione.
Senza fatalismo. E senza dare colpa all’acqua.
 
Il filo della storia.
Il filo della parola.
Il filo della memoria.

La storia di una città e di chi in nome di quella città seppe offrire una delle più grandi dimostrazioni d’amore e solidarietà: i fiorentini.
La storia delle catastrofi legate all’acqua e alle colpe degli uomini.
La storia di come l’acqua sia l’origine e la fine del misterioso poema della vita.
Tre voci per un canto che intreccia poesia, storia e la memoria di chi c’era.
E poi la musica, le immagini, le parole di allora, i telegiornali, le opere d’arte, le prime pagine dei giornali, le voci, il pianto, tutto mischiato, vicino e lontano, in quel contraddittorio, spaventoso e al tempo stesso meraviglioso momento in cui tutto quello che è normalità e quotidianità salta e diventa straordinario e condiviso.
Un racconto in forma di poema installazione e rito collettivo che parla di cinquant’anni fa come fosse oggi, perché l’alluvione di Firenze, quel 4 novembre 66, non fu la prima e non è stata l’ultima. Perché l’alluvione di Firenze è stata anche l’alluvione di tutta la Toscana, l’acqua alta di Venezia, l’allagamento di mezza Italia: tutto in una notte. Allora come ora.
In nome dell’acqua.
In nome della vita.
In nome del bene comune.

Lo spettacolo
La cronaca di quei giorni: incalzante, ora dopo ora; di più: minuto dopo minuto.
Di come in ventiquattr’ore piovve l’acqua di 100 giorni, di come la città non fu avvertita.
Minuto dopo minuto: l’ultima notte senza sapere, un risveglio da incubo, e ottanta ore di follia, raccontate mischiando ricordi, testimonianze, lettere, la voce di Sergio Zavoli in RAI, i titoli di giornali che mai arrivarono in edicola, semplicemente perché le edicole, in strada, non c’erano più.
Giorni che sconvolsero l’Italia, da Venezia a Firenze. E la tragedia di una città abbandonata, che ogni cent’anni finisce sott’acqua, senza che mai – dal Trecento a oggi – sia stato preso rimedio, né studiato un sistema d’allarme.
La storia di cinque metri d’acqua che sommersero ogni bellezza, che distrussero chiese e crocifissi, e centinaia di migliaia di libri.
La storia di una lorda riga nera, fatta di nafta e fango.
La storia di un popolo che seppe mettere da parte divisioni e polemiche e decise la resurrezioni civile e morale di una città che per quattro giorni restò in balia dell’acqua.
La storia di un mondo intero che – passati quei primi giorni – seppe offrirsi generosamente per salvare la città e l’arte, libro dopo libro: angeli, nel fango.
 
Scandito dal ritmo perenne dell’acqua e della pioggia, il poema prende corpo: in scena due uomini, una donna, e un immenso aggrovigliarsi di oggetti travolti dall’acqua. Suoni, rumori, immagini, tutto che scorre. Insieme raccontano e restituiscono il ricordo di giorni orribili e meravigliosi. Sì, perché incredibilmente – nella mente di tutti i protagonisti – quei momenti restano allo stesso tempo i giorni dell’umiliazione e della meraviglia, del furore e dell’entusiasmo, dell’indignazione e della solidarietà. Del lutto e della rinascita. Come al solito, tutto mischiato.
“Guerra grande dell’Arno” il sottotitolo di questo poema, perché – come troppe volte accade dalla fine della seconda guerra mondiale in poi – la nostra storia è scandita da invasioni inattese e occupazioni striscianti, ambigue, venefiche, alle quali non abbiamo saputo opporci.
Viceversa, quella volta, dopo quel maledetto 4 novembre, a Firenze, i Fiorentini e i cittadini del mondo seppero reagire e dimostrarono – a tutti e per tutti – che il bene comune, e valori universali di cultura, solidarietà e impegno esistono e possono essere condivisi da tutti. Allora come oggi.
La storia immensa di una catastrofe che poteva essere mille volte di più. Ma anche la storia di
una catastrofe che, almeno in parte, poteva essere evitata.
Un lungo racconto che non poteva essere affidato a una voce sola, perché storia corale, che parla di vita e di bene comune, di oblio e di un’umanità intera. Che parla di una città, Firenze, dei suoi ponti, delle sue opere d’arte, delle sue biblioteche, delle sue persone. Che parla di un paese, l’Italia, che da molti anni non riesce a interrompere questa lunga, terribile, umiliante corruzione del proprio corpo. E della propria anima.
Francesco Niccolini
 
 

 

1- Poema dell’accqua

2- Che cosa sono le nuvole

3- Il passato è passato

4- Pioggia grande

 

5- Arno furioso

6- The day after